Il Governo Israeliano condivide video di civili uccisi, YouTube non li rimuove
Novembre 18, 2023In base a un’indagine condotta dall’organizzazione Ekō, enti governativi hanno infranto ripetutamente le regole della piattaforma.
Cari lettori, oggi parleremo di come la guerra in Israele stia portando scompiglio anche su YouTube. Il governo israeliano ha diffuso su YouTube una serie di video attraverso i suoi canali ufficiali, i quali sembrano violare le politiche di moderazione della piattaforma. Questo è emerso da un’indagine condotta dall’organizzazione statunitense Ekō, che ha recentemente pubblicato un report dal titolo “La guerra digitale di Israele: come lo Stato ha eluso le politiche di YouTube per ottenere sostegno e influenzare l’opinione pubblica”. I video in questione mostrano atti di violenza contro i civili, in particolare bambini, e contengono immagini di cadaveri, abusi fisici e verbali su persone indifese. La divulgazione è avvenuta tramite gli account ufficiali del Ministero degli Affari Esteri e delle Forze di Difesa Israeliane (IDF).
I video sembrano rappresentare le violenze perpetrate da Hamas contro i civili israeliani e vengono utilizzati, secondo l’organizzazione Ekō, per influenzare la narrativa pubblica sugli attacchi di Hamas e sull’escalation militare successiva da parte di Israele avvenuta il 7 ottobre 2023. Nonostante la condanna di tutte le violenze sulla popolazione civile, con gli attacchi di Hamas di inizio ottobre che hanno causato la morte di milleduecento persone, Ekō mette in evidenza come la strategia digitale di Israele miri a suscitare sgomento nell’opinione pubblica e a costruire una narrazione giustificativa per i bombardamenti nella striscia di Gaza. Gli attacchi recenti contro gli ospedali e le scuole di Gaza sono stati classificati come crimini di guerra dagli esperti delle Nazioni Unite.
I diciassette video esaminati violano le norme di YouTube sulla rappresentazione della violenza. Al momento, risultano tutti ancora online e accessibili al pubblico, tranne uno contrassegnato come “privato”. Secondo i ricercatori, alcuni utenti hanno segnalato di aver visualizzato gli stessi video sotto forma di annunci pubblicitari sui social media, anche se non è stato possibile raccogliere screenshot a causa della mancanza di trasparenza di YouTube sulle strategie pubblicitarie.
Nelle ultime settimane, diversi attivisti hanno segnalato episodi di censura da parte delle piattaforme social riguardanti contenuti a favore della causa palestinese. Il noto profilo Instagram @eye.on.palestine è stato sospeso da Meta per “questioni di sicurezza”. Inoltre, su Instagram è apparsa l’espressione “terrorista” nelle biografie di alcuni utenti palestinesi. Successivamente, l’azienda si è scusata, attribuendo l’accaduto a una “traduzione inappropriata dall’Arabo”.
Un gruppo di organizzazioni, tra cui 7amleh (il Centro Arabo per lo Sviluppo dei Social Media), l’organizzazione globale Access Now e il gruppo di attivisti di religione ebraica Jewish Voice for Peace, ha rilasciato una dichiarazione a favore del rispetto dei diritti digitali dei palestinesi. Nel comunicato si afferma: “Chiediamo alle aziende tecnologiche di riconoscere il loro ruolo cruciale e la loro responsabilità nella regione, e di conformarsi ai propri principi aziendali, ai principi dei diritti umani e alle leggi internazionali, al fine di preservare la libertà di espressione”.
In particolare, le aziende tecnologiche dovrebbero astenersi dal prendere parte attiva nel nascondere le atrocità commesse contro il popolo palestinese. Dall’attacco del 7 ottobre, si è registrato un aumento sia dei discorsi anti-semiti che di quelli islamofobi su Internet. In relazione alle violenze commesse da Hamas, diversi esperti della diffusione della violenza online lamentano una mancanza di trasparenza da parte delle piattaforme.
“Non è una novità che le piattaforme abbiano a lungo discriminato le voci palestinesi e quelle solidali con loro. Per anni gli attivisti hanno denunciato i doppi standard dei giganti dei social media, tanto che nel 2022 Meta stessa ha commissionato un’indagine, scoprendo che la piattaforma censurava costantemente e deliberatamente le voci palestinesi”, ha dichiarato Flora Rebello Arduini, campaign director a Ekō.
In questo contesto, la ricerca si concentra su YouTube e sull’inefficacia del rispetto delle proprie linee guida di moderazione.
“Ciò che la nostra ricerca ha evidenziato è che YouTube sta traendo profitto da una strategia online sponsorizzata da uno Stato per plasmare l’opinione pubblica a sostegno degli attacchi militari che stanno uccidendo migliaia di civili innocenti, ignorando deliberatamente le proprie politiche sui contenuti violenti o grafici”. “Applicare la propria politica in modo uniforme è il minimo indispensabile – e loro non fanno nemmeno questo. La domanda è: perché e per quanto tempo ancora i dirigenti di YouTube mentiranno a se stessi e al pubblico, sostenendo che tutto questo sia accettabile?”ha affermato Rebello Arduini.
Crediti: Per questo articolo ci siamo ispirati a un testo originale pubblicato su Wired.